Dopo anni di difficoltà (prima la pandemia, poi il caro energia) lo sport italiano ha finalmente raggiunto un obiettivo che, almeno sulla carta, segna un importante cambio di paradigma da quando esistono la Repubblica e la sua Carta Costituzionale varata nel 1948.
Nella nostra Costituzione, riferimenti espliciti all’attività sportiva, sino ad ora erano previsti solo in due Statuti speciali: quello del Trentino-Alto Adige, che assegna potestà legislativa per le “attività sportive e ricreative con i relativi impianti ed attrezzature”; quello del Friuli - Venezia Giulia che attribuisce alla potestà legislativa regionale primaria la materia “istituzioni sportive”.
Durante la scorsa legislatura c’era già stato un tentativo di procedere nella nuova direzione, obiettivo non raggiunto a causa dello scioglimento anticipato delle Camere.
Ma con la legislatura in corso la Camera lo scorso 20 settembre ha approvato all’unanimità la norma che inserisce una frase semplice ma significativa nell’articolo 33, dove si parla di arte e scienza «La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme».
All’ingresso della attività sportiva in Costituzione si aggiunge poi l’entrata in vigore, dal 1° luglio, della Legge di riforma del lavoro sportivo.
Ma andiamo con ordine.
Quella semplice frase aggiunta all’articolo 33 è un fatto tutt’altro che simbolico: determina infatti la necessiterà di politiche pubbliche che quel diritto promuovano, mettendo a disposizione di tutti i cittadini, indipendentemente dalla provenienza geografica, dall’età, dal talento, dal grado di abilità o disabilità, dalla capacità economica di poterselo permettere.
L’articolo 33, poi fa da ponte fra il 32 dedicato al diritto alla salute e il 34 dedicato al diritto all’istruzione: indica dunque la necessità di un dialogo strutturale fra l’attività sportiva, il Sistema sanitario nazionale e il mondo della scuola.
Dal canto suo l’entrata in vigore della legge di riforma del lavoro sportivo - anche in questo caso senza precedenti nella storia della Repubblica – rende giustizia alla dignità dei lavoratori del mondo dello sport, garantendo loro le stesse tutele e diritti di qualsiasi altro lavoratore.
E’ il riconoscimento all’impegno di professionisti che dedicano la loro vita ai tre valori fondamentali generati dall’attività sportiva:
1. il valore “educativo” (non solo per i giovani e la scuola, ma per le famiglie, le organizzazioni, i mass media, i progetti terapeutici in ambito socio-sanitario e persino gli aspetti ri-educativi che competono agli istituti penitenziari).
2. il valore “sociale”, che fa dello sport un agente di inclusione e relazione
3. infine, quello del diffuso necessario “benessere psicofisico” che ha a che fare non solo con l’aspetto della salute ma pure con la costruzione della personalità e dell’affermazione del sé.
Un bisogno sempre più acuto avvertibile tra i giovani quanto tra gli adulti, in un contesto sociale difficile e in continua evoluzione come quello che stiamo vivendo.