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Il ritorno di Pelligra a Catania per l’ultima del 2024, l’imminente avvio del mercato di gennaio, la pubblicazione del bilancio 2024 e una squadra che zoppica ( è Natale e vogliamo essere buoni ) in campionato.
Sembrano all’apparenza tutti elementi distinti e separati e, invece, sono estremamente connessi l’uno con l’altro. Si perché, in fin dei conti, è proprio da Pelligra che si attendono risposte e segnali conreti e non verbosi riguardo a tutti e tre gli argomenti.
BILANCIO. Non possiamo che partire da qui, se è vero che la pubblicazione ha provocato una serie infinita di reazioni, giornalistiche e non solo. Ed in effetti qualcosa che salta all’occhio c’è, anche se, a dir il vero, si tratta di situazioni già raccontate da qualcuno subito dopo le questioni estive legate alla fideiussione. In quel caso coloro che avevano anticipato o previsto le nuove strategia della proprietà erano stati tacciati di “terrorismo giornalistico” e di destabilizzare l’ambiente.
Che chi controlla il Catania avesse ridimensionato il progetto andava compreso bene già questa estate e non solo per il punto di penalizzazione che il Catania sconta in classifica ( a questo dovremmo aggiungere anche la Coppa Italia giocata senza i nuovi ingaggi, così come la prima di campionato ); bisognava capirlo perché il progetto di Catania che avevano in mente Faggiano e Toscano, non è quello che effettivamente vediamo ogni fine settimana in campo. E’ storia ormai nota: dovevano arrivare giocatori di altra portata rispetto a quelli che ci sono.
Chi è lettore o spettatore attento saprà che questo è stato detto, come è stato detto quello che, poi, espressamente si legge nel piano industriale approvato il 9 ottobre dal Cda del Catania di cui fanno parte anche i nuovi membri Carrozzi e Tucker. Si parla di "cambio di strategia aziendale" e si sottolinea come "le performance future della società saranno influenzate anche dall’andamento dei risultati sportivi conseguiti dalla prima squadra”.
C’è però un problema, non indifferente legato ai debiti.
Il Catania chiude la stagione con una perdita di oltre 10 milioni di euro, frutto di circa 17 milioni di uscite, non compensate, evidentemente, dai 6 milioni di entrate. E se in casa Catania negli ultimi mesi si è rimarcata la differenza tra proprietà e dirigenza, è giusto anche sottolineare che se la proprietà spende 17 milioni e ne perde 10, la colpa non è certo della proprietà, ma di chi, evidentemente male, ha amministrato e dei collaboratori scelti, vecchie conoscenze, tra l'altro, della realtà societaria e del calcio locale.
Detto questo, tralasciando il gioco classico delle ‘scatole cinesi’, ovvero delle società che acquisiscono altre società e che sono controllate, a loro volta, da altre società è importante soffermarsi su come la società ha o avrebbe intenzione di ridurre questo debito. Si parla di uno “sviluppo del settore giovanile che si prevede consentirà la realizzazione di profitti mediante cessione dei diritti pluriennali dei giovani calciatori"; inoltre ci si pone l’obiettivo di raggiungere "un sostanziale equilibrio economico e finanziario grazie alle azioni ed agli interventi intrapresi dal management, che hanno come obiettivo la riduzione dei costi del personale, principalmente attraverso la riduzione del monte ingaggi con maggiore valorizzazione dei giovani calciatori, e nella progressiva diminuzione dei debiti, e l’apporto di liquidità da parte del socio unico".
E’ evidente che ci sono delle incongruenze. Come si può immaginare un progetto di crescita del settore giovanile se non ci sono le infrastrutture necessarie e se si riducono i costi del personale? Da quale ‘cantera’ dovrebbero uscire queste giovani promesse da rivendere, se, dato oggettivo, una cantera senza un centro sportivo non può esistere? Sappiamo, senza paura di essere smentiti, che uno dei primi provvedimenti per fronteggiare le problematiche economiche estive, sia stato proprio quello di ridurre sensibilmente il budget fissato per la nuova stagione dei settori giovanili e della squadra femminile. Una informazione, questa, che stride, e non poco, con quanto riportato dal piano industriale.
MERCATO. In mezzo a questo calderone di debiti, piani di rilancio che appaiono “di stile” se non addirittura velleitari, ricerca della sostenibilità e ridimensionamenti, ecco che arriva il calciomercato di gennaio, quello che per i romantici del calcio ha sostituito il ‘mercato di riparazione’ che, una volta, si svolgeva a novembre. E’ uno snodo cruciale che si lega a quando detto prima. C’è un piano industriale che prevede un ridimensionamento, anche degli ingaggi, ma che dice anche che le performance della società saranno influenzati dai risultati della prima squadra. Dinanzi a questo c’è la realtà: la prima squadra sta deludendo le attese, è lontana dalle prime posizioni in classifica e per provare a risalire o a proiettarsi già ai playoff andrebbe notevolmente rinforzata.
Ma come?
Le ipotesi sono due: o Faggiano inventa un mercato ‘fantasioso’ a costi ridotti cercando prestiti gratuiti e svincolati, ma con il rischio concreto di intercettare buoni giocatori che però sono fuori forma e hanno bisogno di tempo per rimettersi a pari con gli altri; o Pelligra, o chi per lui, metta sul piatto un altro oneroso investimento.
La prima è rischiosa, la seconda andrebbe contro l’idea di business presentata nel piano industriale. E’ la classica storia del cane che si morde la coda, perché è evidente che, ancora una volta, qualcosa non è andata per il verso giusto. Nel momento in cui la proprietà comunica o comunque fa capire alla dirigenza quale sarà il nuovo corso, quest’ultima ( soprattutto dopo le prime promettenti giornate di campionato ) si mette in testa (seguendo il piano industriale) di sfruttare i risultati per stuzzicare la proprietà a investire ancora. Nel dettaglio Vincenzo Grella pensava di ritrovarsi prima di gennaio tra le prime 3 della classifica e di poter chiedere così alla proprietà di investire quel tanto che bastava per puntare alla vittoria del campionato.
Così non è andata: un po’ per gli infortuni (clamoroso il numero di quelli traumatici riportati in allenamento), un po’ per la confusione che regna sovrana nel Catania, un po’ per il ‘troppo ambiente’ che conquista facilmente tutti i giocatori che sbarcano a Catania, un po’ perché all’interno del Catania c’è qualcuno a cui questo limbo va benissimo e un po’ perché Faggiano combatte con importanti problemi di salute.
II RITORNO DI PELLIGRA. E così si ritorna al principio. A tutte queste domande, a tutti questi dubbi, può rispondere solo il presidente. Lo abbiamo detto e lo ribadiamo, anche perché le ultime uscite pubbliche del vice presidente sono risultate un boomerang clamoroso, tra inesattezze legali e burocratiche e previsioni, calcistiche, completamente sbagliate.
Da Pelligra, a questo punto, è lecito, anzi è imperativo attendersi la verità. Si perché adesso parlare di champions, centri sportivi e stadi nuovi, sarebbe davvero un insulto all’intelligenza dei catanesi. Pelligra spieghi come si è arrivati alla compilazione di questo piano industriale e quanto peso e valore ha, realmente, il Catania Fc tra le imprese del gruppo. Anche chi non è esperto di calcio comprende facilmente che queste prospettive porterebbero solo, nei prossimi anni, a vivacchiare in Serie C. E Catania non è città che può vivacchiare in Serie C.
Se l’intenzione è questa, forse, Pelligra dovrebbe pensare realmente a passare la mano.